lunedì 20 ottobre 2008

Le comunità locali protestano contro la diga di Bujagali

Il quotidiano ugandese “The Monitor” nel fine settimana ha riferito che i lavori per la costruzione della linea di trasmissione dalla diga di Bujagali alla centrale elettrica di Mutundwe sono stati bloccati a causa della proteste della popolazione locale. La diatriba è nata su un punto cruciale legato allo sviluppo del progetto: le compensazioni.
Secondo i residenti di Wakiso e Mukuno i risarcimenti attualmente pagati per l’esproprio delle terra attraversate dalla linea di trasmissione sono abbondantemente inadeguate, non permettendo un reinsediamento in altre parti del Paese. Eppure, sostengono ancora i residenti, il governo di Kampala aveva fatto bel altre promesse.


Uganda: la diga di Bujagali fa discutere
articolo di Luca Manes pubblicato da Nigrizia Online

Il progetto della diga di Bujagali si trascina da anni, tra difficoltà, incertezze e retroscena non troppo limpidi. L’opera, se mai vedrà la luce, implica un devastante impatto socio-ambientale, denunciano gli ambientalisti di tutto il mondo.


L’epopea di Bujagali inizia nei primi mesi del nuovo millennio, allorché il governo ugandese e la Banca mondiale si siedono ad un tavolo per parlare della possibile “nascita” della diga. Ma che sia un progetto nato male si capisce presto. Il primo consorzio costruttore svanisce come neve al sole, spuntano indiscrezioni su un caso di corruzione, anche la Banca mondiale ci ripensa e si chiama fuori. Questione chiusa? Assolutamente no.

Negli ultimi due anni l’esecutivo di Kampala riparte alla carica, redige un nuovo progetto (dal costo complessivo di 500 milioni di dollari, un terzo più del precedente) e trova altre compagnie (guidate dal gruppo keniano IPS) interessate alla realizzazione della diga. Anzi, a dir il vero fa anche di più. E sì, perché a giorni la Banca Europea per gli Investimenti (BEI), per intenderci la banca che gestisce i fondi dell’Unione europea destinati allo sviluppo, potrebbe staccare un corposo assegno di 100 milioni di dollari per finanziare Bujagali. Scontato, allora, il possibile ritorno di fiamma della Banca mondiale.

Intanto a Kampala gli ambientalisti se la vedono brutta. In una iniziativa tenutasi a metà aprile per le strade della capitale ugandese, tre persone hanno perso la vita e alcuni leader delle Ong locali sono stati imprigionati, inizialmente con l’accusa infamante di omicidio poi “corretta” in partecipazione a manifestazione non autorizzata - sebbene i permessi fossero stati invece concessi. La protesta era contro un’altra opera a dir poco controversa, quella che vedrà la distruzione della ricchissima foresta di Mabira (30.000 ettari di estensione) per far spazio ad un’enorme piantagione di canna da zucchero. Va detto che gli attivisti arrestati sono da anni anche tra i principali oppositori del mega progetto di Bujagali.

Ma perché questa diga è così osteggiata dalle comunità locali? Le ragioni sono tante.
Bujagali dovrebbe sbarrare il Nilo pochi chilometri più a nord (cioè più a valle) del lago Vittoria da cui ha origine, in un sito di spettacolari cascate. Nelle intenzioni del governo ugandese dovrebbe essere una di sei dighe su quel tratto del Nilo Bianco, 16 chilometri a valle della diga di Owen già esistente. Le conseguenze dal punto di vista ambientale sarebbero enormi: le cascate sparirebbero e il lago Vittoria, già in stato di secca perenne, riceverebbe ancora meno acqua.

La diga allagherà terre coltivate e costringerà 820 persone a spostarsi in modo permanente, e 6.000 a cercare altre terre da lavorare. Non è previsto alcun risarcimento per chi perderà il lavoro nel turismo. Val la pena ricordare, infatti, che le cascate di Bujagali richiamano ogni anno 6.000 appassionati di rafting (e il turismo è la seconda entrata ugandese).

I dubbi riguardano anche la fattibilità economica del progetto. Il contratto di acquisto dell’energia prodotta da Bujagali non è stato ancora reso noto, ma secondo la National Association of Professional Environmentalits (NAPE) il rischio è che le tariffe derivanti dall’accordo saranno proibitive per la popolazione locale – solo il 5% degli ugandesi è collegato alla rete elettrica nazionale. Lo stesso NAPE denuncia come, investendo nella diga, il governo abbia tralasciato fonti di energia meno cara e rinnovabile, come quella geotermale, che potrebbero contribuire a fornire elettricità a costi più abbordabili.

Come detto a breve la BEI dovrà decidere sul finanziamento per Bujagali. Oltre a tenere conto del trattamento riservato agli oppositori del progetto, il board dell’istituzione si dovrà ricordare dei numerosi possibili impatti negativi dell’opera. Cento milioni di euro possono essere investiti in maniera molto più efficace, o no?

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