martedì 18 settembre 2007

Quella spiaggia che Tirana vuole cancellare.

di Caterina Amicucci
articolo pubblicato da "Il Manifesto"

Un angolo di paradiso. Talmente bello da meritare l'appellativo di "Regina d'Albania". E' la baia di Vlora, sulla costa sud-orientale dell'Adriatico, habitat naturale di numerose specie di pesce e corallo. Peccato che nel 2004 Tirana abbia deciso di cancellare questa attrattiva naturale per far posto ad un mega parco industriale da 120 milioni di euro. Una colata di cemento e acciaio cancellerà una pineta dichiarata parco nazionale a due passi dalla spiaggia e dalla laguna di Narta, in teoria protetta della Convenzione di Ramsar sulle paludi. Quello che è stato enfaticamente definito il più grande investimento nella storia dell'Albania prevede la realizzazione di un parco industriale composto da sette impianti fra i quali un terminale per lo stoccaggio e la trasmissione di idrocarburi, una raffineria e una centrale termoelettrica per la conversione riconversione del gas. Banca mondiale, Banca europea per gli investimenti e Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo hanno subito manifestato il loro interesse a finanziare il progetto, incuranti dell'impatto ambientale. Fortuna ha voluto che nel 2005 la società civile albanese abbia messo su una coalizione, l'Alleanza per la protezione del Golfo di Vlora, per dire no all'ennesimo scempio di uno spicchio di costa del Mediterraneo. Per prima cosa gli attivisti hanno fatto ricorso contro il governo, accusato di aver violato la Convenzione di Aarhus sull'accesso alle informazioni in materia ambientale. Ricorso vinto lo scorso marzo. La commissione internazionale creata ad hoc in base al trattato ha ritenuto l'Albania colpevole di non aver informato adeguatamente le popolazioni locali sulle possibili conseguenze del progetto, così da evitare, quindi, che i processi decisionali avvenissero in maniera condivisa. Nel corso degli ultimi due anni, la coalizione ha anche cercato a più riprese un'interlocuzione con le agenzie multiletarali internazionali intenzionate a finanziare il progetto. La Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo ha preferito infischiarsene delle istanze della società civile e ha già elargito la prima tranche dei 37 milioni di dollari. Più collaborativa la Banca mondiale, che tramite il suo organismo indipendente d'indagine si sta attivando per verificare se a Vlora si violeranno o meno gli standard socio-ambientali che regolano l'operato dell'istituzione guidata fino a pochi mesi fa da Paul Wolfowitz e se la valutazione di impatto ambientale su cui si è basata l'approvazione dell'esborso dei 25 milioni di dollari previsto dalla stessa Banca sia stata fatta secondo i canoni.Per adesso i lavori di costruzione languono, in attesa che si sblocchino tutti i fondi. Ma ancora una volta a non stare con le mani in mano sono stati gli albanesi, protagonisti di una serie di azioni contro la devastazione della loro bellissima baia. Tra campeggi dimostrativi sulla spiaggia di Vlora e manifestazioni di piazza (l'ultima si è tenuta il 9 settembre), la comunità locale sta facendo di tutto per vendere cara la pelle e salvare la sua principale attrattiva naturale. «Siamo pronti alla disobbedienza civile - ha promesso Aleksander Mita, dell'Alleanza -Se il progetto sarà realizzato la spiaggia verrà cancellata, si assisterà all'abbattimento di 30mila pini, importanti siti storici ed archeologici subiranno danni irreparabili e le abbondanti riserve di pesce rischieranno di sparire per sempre». La lotta continua, in attesa che la Banca europea per gli investimenti o la Banca mondiale battano un colpo, ritirando il loro finanziamento.

martedì 11 settembre 2007

BEI in Rdc: sviluppo o interessi economici?

di Luca Manes
articolo pubblicato da Nigrizia online

A Tenke è in progetto un'immensa miniera per l'estrazione di rame e cobalto: dovrebbe sostenere l'economia della Rdc, secondo la Banca europea per gli investimenti. CRBM denuncia: oltre all'impatto ambientale, il contratto fa solo gli interessi degli europei.
Secondo la Banca europea per gli investimenti (BEI) è un progetto ideale per ridurre l’endemica povertà che affligge da anni la Repubblica Democratica del Congo. Il governo locale e soprattutto le Ong – tra cui l’italiana CRBM – che formano la campagna di monitoraggio dell’operato della stessa BEI invece non sono della stessa opinione. Insomma, il Tenke Fungurume Mining Project sta scatenando una serie di controversie che non sembrano destinate a risolversi nello spazio di poco tempo.

Questa volta il nodo della questione non sono solo gli impatti socio-ambientali, che pure sono presenti e di considerevole entità, visto che il progetto comporta la creazione di una gigantesca miniera a cielo aperto da cui dovrebbero essere estratte 115mila tonnellate di rame e 8mila di cobalto.

A lasciare molte perplessità sono soprattutto le modalità contrattuali. Lo scorso maggio l’esecutivo congolese ha annunciato la sua intenzione di rivedere i contratti minerari siglati durante gli ultimi dieci anni, un periodo caratterizzato prima dalla sanguinosa guerra civile che ha mietuto centinaia di migliaia di vittime e poi dall’insediamento di un governo di transizione, rimasto in carica fino alle recenti elezioni. Vari audit della Banca mondiale, diversi studi indipendenti e un rapporto del parlamento congolese hanno messo in discussione la legittimità e correttezza dei contratti, che sono in tutto una sessantina (quello di Tenke è uno dei più importanti).

La Banca Mondiale ha espresso forti dubbi sulle modalità di acquisizione e sui termini del contratto di Tenke, dal momento che, come negli altri accordi, ci sarebbe una pressoché totale mancanza di trasparenza, un conflitto di interessi non dichiarato, dei pagamenti quanto meno sospetti e l’inserimento di termini contrattuali che sono molto svantaggiosi per il governo congolese.

Non a caso l’Overseas Private Investment Corporation (OPIC), l’agenzia di credito all’esportazione degli Stati Uniti, ha deciso di ritardare la sua decisione in merito al finanziamento di Tenke per poter così acquisire maggiori elementi sulla questione.

La BEI, invece, tira dritta per la sua strada. Ha già approvato un finanziamento di 100 milioni di euro e non intende dare troppo ascolto alle preoccupazioni sollevate dalle Ong internazionali, che hanno messo in discussione l’effettiva finalità di sviluppo del progetto.

“L’aver deciso sul sostegno al progetto prima del completamento del processo di revisione instaurato dall’esecutivo congolese ci sembra un gesto in contrasto con iniziative basate sulla trasparenza e sul buon governo come quella attualmente in atto su Tenke” ha dichiarato Caterina Amicucci della CRBM. “Un brutto segnale, per di più lanciato dalla banca di sviluppo dell’Unione europea” ha aggiunto l’Amicucci.

Nei prossimi mesi vedremo se la troppa fiducia della BEI sarà smentita dai fatti.

mercoledì 5 settembre 2007

EntrainAzione. Invia la lettera ad Astaldi


Nelle prossime settimane la costa Atlantica dell'Honduras tornerà protagonista del reality show "L'Isola dei famosi". Tra i concorrenti quest'anno c'è anche Astaldi.La seconda azienda italiana delle costruzioni, infatti, ha appena firmato con il governo del Paese centroamericano un contratto per iniziare i lavori del megaprogetto turistico "Los Micos beach & resort centre", lungo la costa caraibica della Bahia de Tela.Un progetto fortemente avversato dalle popolazioni locali, il popolo garifuna, e che avrà un impatto devastante sul territorio, tanto a livello ambientale che sociale ed economico.Secondo Astaldi, che abbiamo sentito telefonicamente, il progetto turistico non potrà che portare "sviluppo, ricchezza e lavoro" nella regione. L'azienda ci ha anche invitato, d'ora in poi, a rivolgere le nostre preoccupazioni e denunce direttamente al committente (il Governo dell'Honduras) lasciando in pace Astaldi. Per questo, vi chiediamo aiuto per far sentire ad Astaldi la sua complicità con un progetto che è economicamente, socialmente e ambientalmente insostenibile.Inviate la lettera a Alessandra Onorati, responsabile Comunicazione e Investor Relations di Astaldi a.onorati@astaldi.com e a Mario Iván Casco, di Astaldi Columbus in Honduras, secretaria@astaldi.hn, mettendo in copia honduras@puchica.org


Per maggiori informazioni e per scaricare il testo della lettera clicca qui.

lunedì 3 settembre 2007

Vlora condannata a morte


Vlora, conosciuta come una delle più belle baie del sud-est Adriatico e ribattezzata “la regina d’Albania” è stata condannata a morte. Nel 2004 il governo Albanese ha approvato il più grande investimento della storia: un parco industriale di 560 ettari da costruire vicino la spiaggia, su una pineta dichiarata parco nazionale ed accanto alla laguna di Narta, anch’essa protetta in base alla convenzione di Ramsar sulle zone umide.

La BEI, la Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BERS) e la Banca Mondiale si sono offerte di finanziare il progetto nonostante il devastante impatto che esso comporta su un sito unico, come quello della baia di Vlora. Il progetto prevede sette impianti per lo stoccaggio e la trasmissione di idrocarburi, una raffineria, un centrale termoelettrica per la conversione riconversione del gas. La costruzione del terminal di stoccaggio di idrocarburi è stato naturalmente affidato ad una società italiana “La petrolifera italo-rumena”, con un accordo piuttosto vantaggioso per gli impresari italiani vicini agli ambienti di Arcore, che prevede un concessione esclusiva di 30 anni con diritto di rinnovo a fronte di un investimento di 12 milioni di Euro.

Nel 2005, associazioni e cittadini si sono uniti dando vita alla”Alleanza per la protezione del Golfo di Vlora” ed hanno citato il governo albanese per aver violato la Convenzione di Aharus (Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale).
In seguito ad una lunga ed articolata inchiesta, il 23 Marzo 2007, la Commissione ricorsi della Convenzione di Aahrus ha dichiarato il governo Albanese responsabile di non avere agito in conformità con i principi della convenzione. Nel corso di questi due anni la coalizione di ONG ha cercato di interloquire con la Banca Mondiale e la BERS chiedendo di congelare le operazioni di prestito finché il comitato non avesse terminato il lavoro investigativo. Il dialogo con le due istituzioni non ha portato a niente e la BERS ha provveduto ad erogare una prima tranche di finanziamento.

Il 30 Aprile 2007, l’Alleanza ha presentato una richiesta di intervento del Nucleo Ispettivo della Banca Mondiale. In seguito alla verifica dell’elegibilità del ricorso, la richiesta è stata accolta il 18 luglio 2007.

Il prossimo ottobre, una delegazioni internazionale di attivisti si recherà a Vlora
per dare visibilità alla vicenda e per sostenere le organizzazioni albanesi che stanno lottando per salvare la baia.