venerdì 12 giugno 2009

CASO BEI-DIGA DI GIBE 3 IN ETIOPIA. LE ONG FANNO CHIAREZZA

Roma, 5 giugno 2009 – Una dichiarazione rilasciata ieri dalla Banca europea per gli investimenti contraddice quanto annunciato il 3 giugno all’organizzazione Friends of Lake Turkana in merito al ritiro dell’istituzione dal possibile finanziamento della diga di Gibe 3 in Etiopia. Quanto affermato ieri rispecchia appieno la volontà della Banca di condurre nella più totale opacità le sue operazioni riguardo a Gibe 3 e ad altri controversi progetti.
Chiariamo come sono andati realmente i fatti.
Lo scorso 4 marzo Ikal Angelei, coordinatrice della kenyana Friends of Lake Turkana ha inviato una lettera al presidente della BEI chiedendo che la Banca non finanziasse Gibe 3.
Il 30 aprile il segretario generale della BEI ha informato Friends of Lake Turkana che l’ufficio reclami dell’istituzione si sarebbe incontrato con esponenti della Ong keniana per “far sì che la BEI prenda una decisione informata sul possibile finanziamento del progetto”. La responsabile dell’ufficio ha informato Friends of Lake Turkana che avrebbe preso parte all’incontro con il Compliance Review and Mediation Unit della Banca Africana per lo sviluppo previsto per l’8 giugno a Nairobi.
Il 3 giugno la responsabile dell’ufficio reclami della BEI ha chiamato Ikal Angeli, informandola che il presidente della stessa BEI aveva formalmente annunciato il mancato coinvolgimento della Banca in Gibe 3, ragione per cui lei non avrebbe preso parte all’incontro dell’8 giugno. Un rappresentante di un’altra istituzione lo stesso giorno ha parlato con Ikal Angelei, confermando la notizia del ritiro della BEI dal progetto.
International Rivers, la coalizione europea Counter Balance e Friends of Lake Turkana hanno accolto con favore questo annuncio, definendolo “una svolta per l’ambiente e le comunità impattate” e un “fondamentale passo in avanti per gli standard dei prestiti della Banca”.
Il 4 giugno la BEI ha rilasciato una dichiarazione in cui si sostiene che “finora la Banca non ha preso nessuna decisione formale riguardo a una possibile valutazione del progetto” e che “la Banca ha bisogno di ulteriori studi per decidere se procedere con una valutazione formale”.
La BEI è solita valutare in maniera informale i progetti tramite quella che definisce una “pre-valutazione”, così da evitare il processo di responsabilità formale che si applica con i giudizi ufficiali. In questo modo la Banca ha condotto una valutazione di Gibe 3 nascondendosi dietro la copertura della “pre-valutazione”. Uno stratagemma che ha permesso all’istituzione di non rendere pubbliche alle comunità impattate la informazioni sul progetto, evitando così loro eventuali ricorsi.
La Banca, inoltre, sta finanziando l’Economic, Financial and Technical Assessment del progetto insieme alla Banca africana per lo sviluppo, sebbene anche in questo caso non abbia voluto rendere noto nessun dettaglio al riguardo.
In base agli ultimi accadimenti, International Rivers, la coalizione europea Counter Balance e Friends of Lake Turkana chiedono alla BEI di rendere pubbliche tutte le informazioni che hanno a che fare con il suo coinvolgimento in Gibe 3.
Caterina Amicucci della CRBM, una delle organizzazioni che compongono il network Counter Balance, ha dichiarato: “Nonostante tanti discorsi e molti impegni retorici, la BEI non si fa carico delle sue responsabilità. Non solo le sue politiche e linee guida devono essere migliorate, ma anche le sue pratiche interne e il suo approccio in generale. In quanto banca di sviluppo dell’Unione Europea, non può far di tutto per nascondere le sue operazioni. Le sue azioni devono essere trasparenti e il pubblico ne deve poter essere informato”.

giovedì 4 giugno 2009

LA BEI NON FINANZIA LA DIGA DI GIBE 3 IN ETIOPIA

ROMA, 4 GIUGNO 2009 – La Banca europea per gli investimenti (BEI) ha annunciato ieri sera che non ha intenzione di fornire la copertura finanziaria per il progetto della diga di Gilgel Gibe 3, in Etiopia. Sebbene non siano state specificate le ragioni di tale decisione, appare evidente che la Banca di sviluppo dell’Unione europea ha giudicato troppo negativi gli impatti correlati alla costruzione della diga. Gilgel Gige 3, infatti, qualora completata devasterebbe l’ecosistema della valle dell’Omo e del lago Turkana, in Kenya, mettendo a rischio la sicurezza alimentare di almeno 500mila persone.

I lavori di realizzazione dell’impianto idroelettrico, i cui costi sono stimati intorno al miliardo e mezzo di euro, sono affidati alla compagnia italiana Salini, che ha ricevuto l’appalto dall’esecutivo etiope senza che si svolgesse nessuna gara formale.

La CRBM, la coalizione Counterbalance, Friends of Lake Turkana e International Rivers hanno accolto con grande soddisfazione il provvedimento della BEI, però al contempo spingono affinché il governo italiano e la Banca africana di sviluppo non eroghino fondi per il progetto. L’esecutivo di Addis Abeba ha già richiesto all’Italia un prestito di 250 milioni di euro per la nuova diga, sebbene la nostra agenzia di credito all’export, la SACE, abbia già declinato ogni forma di sostegno.
Val la pena ricordare che la diga Gilgel Gibe 2, in fase di completamento per opera della Salini, fu a suo tempo finanziata sia dalla nostra cooperazione che dalla BEI.

“La decisione della BEI va nella direzione giusta e ci auguriamo che questo sia il primo passo verso il sostegno ad un nuovo modello energetico rispettoso dell'ambiente e delle popolazioni locali nei Paesi del sud del mondo” ha dichiarato Caterina Amicucci della CRBM. “Il progetto ha già incassato il consenso politico del governo Berlusconi, che dopo aver dimezzato i fondi della cooperazione allo sviluppo intende destinare 250 milioni ad un’opera che potrebbe creare una vera e propria crisi umanitaria nella regione e che è ha collezionato numerose irregolarità procedurali” ha continuato l’Amicucci. “La cooperazione italiana non deve finanziare questo progetto, la società civile internazionale è pronta a portare il caso al Consiglio dei diritti Umani dell'ONU e anche a intraprendere una battaglia legale, qualora necessario” ha concluso l’Amicucci.

Secondo la Ong statunitense International Rivers qualora la Banca africana di sviluppo dovesse garantire un prestito per Gilgel Gibe 3 violerebbe le sue stesse politiche sugli impatti socio-ambientali, sulla riduzione della povertà, sul reinsediamento e sulla gestione transfrontaliera delle risorse idriche.