venerdì 15 gennaio 2010

EDITORIALE - IL COMMENTO DELLA CRBM SULL'INAUGURAZIONE DI GIBE II

Roma, 13 gennaio 2010 – Oggi il nostro ministro degli Esteri Franco Frattini si è recato in Etiopia dove, oltre ai rituali incontri istituzionali, ha partecipato alla cerimonia d’inaugurazione dell’impianto idroelettrico di Gilgel Gibe II, per il quale l’Italia ha elargito 220 milioni di euro. Ovvero il più cospicuo credito d’aiuto nella storia della cooperazione italiana. Ci sarebbe poco da festeggiare viste le irregolarità che hanno caratterizzato l’assegnazione dei fondi, il ritardo di due anni dovuto a studi preliminari inadeguati o assenti e un’inchiesta della magistratura prematuramente archiviata. Solite storie all’italiana, nelle quali i soldi pubblici sono utilizzati per sostenere gli affari delle nostre imprese all’estero, mascherati da progetti di aiuto allo sviluppo.

E’ molto probabile che il ministro Frattini durante la sua breve permanenza in Etiopia si impegnerà a elargire ulteriori 250 milioni di euro, sempre in nome dello sviluppo e sempre a favore della stessa società italiana, la Salini Costruttori S.p.A., per completare la costruzione della mega-diga Gilgel Gibe III. Una cifra di poco inferiore all’intero stanziamento previsto nella finanziaria 2010 per la cooperazione italiana (323 milioni). Ma in questo caso, oltre a dare il ben servito ai contribuenti italiani ed etiopi, il progetto metterà a rischio la sicurezza alimentare di mezzo milione di persone e stravolgerà per sempre la bassa valle dell’Omo, una delle regioni con la più alta diversità biologica e culturale al mondo. La vita di centinaia di migliaia di persone lungo le rive dell’Omo in Etiopia ed intorno al Lago Turkana, in Kenya, dipende strettamente dal flusso regolare del fiume per l’agricoltura, l’allevamento, la pesca, l’accesso all’acqua potabile. Ma ciò poco importa al nostro governo e agli altri potenziali finanziatori quali la Banca Europea per gli Investimenti e la Banca Africana di Sviluppo. Anche l’assenza di studi ambientali e sociali preliminari, ma fabbricati ad arte due anni dopo l’inizio dei lavori, non appare essere importante. Così come un contratto assegnato senza gara d’appalto internazionale e di un piano finanziario realistico appaiono pure formalità. Nemmeno il fatto che tutta l’energia prodotta verrà venduta all’estero e le comunità locali non ne trarranno alcun beneficio sembra interessare banchieri e governanti.

L’unica cosa veramente importante è che i conti delle imprese occidentali a fine anno quadrino, che il saccheggio delle le risorse delle popolazioni del Sud del mondo continui, che i banchieri ottengano i loro bonus, che discutibili èlite politiche locali prosperino e che la nostra coscienza sia a posto, perché a tutto questo diamo il nome di “sviluppo”, e ci lasci trascorrere un buon anno nuovo.

CATERINA AMICUCCI